Note di termodinamica CHIMICA (2)
IL PRIMO PRINCIPIO e la termochimica E' in pratica il principio della conservazione dell'energia: secondo tale principio quando, in un processo termodinamico, una certa quantità di energia di un determinato tipo scompare, deve comparire una equivalente quantità di energia di altro tipo. Quindi l'energia può essere trasformata da una tipologia all'altra, ma non può essere creata dal nulla, né distrutta. Il contenuto energetico di un sistema chimico-fisico è la somma dell'energia rotazionale, traslazionale, vibrazionale delle molecole, più quella degli elettroni e del nucleo. Il valore assoluto dell'energia interna di un sistema non ci è noto e di conseguenza non ci sono noti i valori assoluti di tutte le funzioni derivate. Se si considera un sistema isolato (nessuno scambio di energia con l'esterno), la sua energia totale rimarrà costante (ΔU=0) anche se, al suo interno, si possono verificare delle trasformazioni di energia da una forma ad un'altra. Un sistema chimico reale non è quasi mai isolato, e se il sistema è di tipo biologico sarà in pratica aperto e polifasico. Se viene sottoposto ad una trasformazione termodinamica che lo conduce dallo stato A allo stato B, può guadagnare o perdere energia, ma il guadagno o la perdita deve essere compensata rispettivamente da una perdita o da un guadagno di energia, dello stesso tipo o di tipo diverso, da parte dell'ambiente circostante.
L'espressione viene spesso semplificata considerando un sistema chiuso che può scambiare solo energia sotto forma di calore o lavoro. Si evita, in un primo approccio, di considerare l'energia che compete ai flussi di materia, il primo principio si può formalizzare nel modo seguente:
o, in termini differenziali:
L'utilizzo del simbolo di differenziale con il "delta" usualmente serve ad evidenziare che lavoro e calore non sono funzioni di stato. Per tentare di far capire che lavoro e calore non sono funzioni di stato, ma che dipendono dal cammino (o metodo) utilizzato per passare dallo stato iniziale allo stato finale, discuterò un esempio descritto da altri autori che presenta il pregio di non utilizzare le tipiche formulazioni matematiche che in genere propongono fisici e chimico-fisici. Calore e Lavoro non sono funzioni di stato Seguiamo due strade diverse per condurre il sistema dallo stato iniziale a quello finale:
1) Semplice combustione in presenza di ossigeno;
Nel primo processo si procede bruciando completamente il composto. In queste condizioni si ottiene semplicemente del calore che il sistema trasferisce all'ambiente, pari a circa 5100 kJ per mole. La variazione di energia interna del sistema, in diminuzione, sarà pertanto ΔU = -5100kJ/mole (attenzione al segno). Le reazioni chimiche che cedono energia all'ambiente, se lasciate a se stesse producono spesso solo del calore e, bene che vada, dell'energia luminosa. L'ingegno umano ha capito come utilizzarle per ottenere altri tipi di energia. Così come viene fatto nei motori a scoppio, alcune reazioni, con gli opportuni accorgimenti, possono produrre energia elettrica; altre ancora l'insieme congiunto di energia elettrica e chimica (es. negli organismi viventi). La termodinamica, come vedremo, è in grado di predire se un evento reattivo è possibile o meno ma non ha i mezzi per prendere in considerazione gli effetti della variabile “tempo”; non dice nulla sul tempo necessario affinché il processo stesso si verifichi, solo l’esperimento permette di valutarne l'effettiva fattibilità. Ad esempio, la termodinamica permette di predire che la reazione tra il glucosio e l'ossigeno può produrre una grande quantità di energia, ma non dice che la semplice miscela dei due composti è stabile indefinitamente se non si ricorre ad accensione o, nel caso di reazione in soluzione, all'intervento di particolari catalizzatori (enzimi) che accelerano il processo. Gli esseri viventi "bruciano" sostanze organiche con modalità piuttosto complesse e producono lavoro, calore ed energia chimica con una resa molto elevata nel prodotto che interessa. L'energia che in ogni modo può essere prelevata dagli alimenti, può essere valutata dal calore ottenuto bruciando completamente, in uno speciale contenitore (bomba calorimetrica), in presenza di ossigeno sotto pressione, una ben nota quantità di alimento contenuta in un crogiolino. Il calore ottenuto è rilevato mediante l'innalzamento della temperatura dell’acqua contenuta nel calorimetro.
La funzione di stato ENTALPIA Molti processi avvengono a pressione costante; si pensi ai numerosissimi processi biologici che si verificano alla pressione quasi costante di una atmosfera. Una funzione di stato molto comoda, specie se si lavora a pressione costante è l'ENTALPIA.
Uno dei motivi dell'introduzione di questa funzione è da attribuire al fatto che il calore scambiato da un sistema a pressione costante, quantità facilmente misurabile, risulta, come è dimostrabile, uguale alla variazione di entalpia del sistema stesso:
La dimostrazione della relazione (2.6) ve la risparmio.
In una reazione, se non si stabilisce esattamente il numero di moli di prodotto ottenute, si fa riferimento alle moli derivanti dai coefficienti stechiometrici. Ma come si può calcolare la variazione di entalpia in un processo chimico se non si può conoscere il valore assoluto di tale grandezza per ogni singolo reagente e prodotto?
Vi ricordo che la reazione di formazione riguarda la formazione di un composto a partire dai suoi elementi costituenti. Di norma ci si riferisce alle condizioni standard con T=25°C e P=1atm; i calori standard di formazione di moltissimi composti, sono stati determinati direttamente o indirettamente e opportunamente tabulati.
Per convenzione (e anche perchè non serve per effetto della semplificazione), l'entalpia di formazione degli elementi vale zero. Utilizzando i valori tabulati è possibile prevedere il ΔH° di una reazione prima ancora di verificarlo sperimentalmente. A titolo di esempio, dai valori dell'entalpia standard di formazione estratti da un handbook, calcoliamo, in kJ/mole, il ΔH° della reazione combustione del normal-ottano:
ΔH°combust. ottano = 8 H°CO2 + 9 H°H2O - H°C8H18 = -3148 + (-2176.2) - ( -208.5) = -5115.7 kJ
DEFINIZIONE DI REAZIONE ESO O ENDOTERMICA
ENTALPIA DI SOLUZIONE Se si suppone, come normalmente accade, di lavorare a pressione costante, tale calore rappresenta l'entalpia di soluzione. Si valuta rilevando il calore assorbito o ottenuto (prodotto) durante il fenomeno di solubilizzazione di una mole di soluto in un grande eccesso di solvente. Vediamo due esempi con comportamento opposto:
Il primo processo, di natura endotermica, viene sfruttato nel cosiddetto ghiaccio istantaneo utilizzato nei Kit di pronto soccorso (colpi di calore, contusioni etc.). Si tratta di un contenitore con due scomparti contenenti rispettivamente nitrato di ammonio e acqua; con opportuna pressione si rompe la separazione e la soluzione ottenuta arriva quasi a congelare.
CALORI LATENTI |